Da quello che emerge dai risultati della indagine «Flash Eurobarometer – OSH Pulse» commissionata dalla Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) per acquisire informazioni sullo stato della salute e della sicurezza sul lavoro (SSL) dopo la pandemia, il tema della salute psicologica nei luoghi di lavoro sembra essere ancora, se non un tabù, quantomeno un problema non adeguatamente affrontato.
Da quanto si evince infatti dai dati essenziali che possono essere consultati in italiano qui (è presente anche un report esteso in lingua inglese visionabile qui), rispetto alla media europea molti meno italiani hanno segnalato la possibilità di poter accedere a “servizi di consulenza o assistenza psicologica” (solo il 29%, contro il 38% della media europea) o a “consulenza in merito agli aspetti stressanti del lavoro” (33% contro il 43% della media europea). Il confronto appare impietoso se poi ci si prova a confrontare con le nazioni europee che hanno un tessuto produttivo paragonabile al nostro.
Le interviste con i lavoratori (poco meno di 26 mila in Europa, circa mille in Italia) si sono svolte nei mesi di aprile e maggio 2022. È stato chiesto loro degli stress psicofisici e dell’importanza di gestire la SSL nei rispettivi luoghi di lavoro.
Emerge un quadro che suggerisce ancora il marcato stigma nei confronti della richiesta di aiuto nei luoghi di lavoro: il 64% degli italiani si è dichiarato d’accordo (o molto d’accordo) con l’affermazione “Rivelare di soffrire di un disturbo di salute mentale avrebbe un impatto negativo sulla mia carriera” contro il 50% degli europei; allo stesso tempo, una sensibile percentuale di italiani in meno si sentirebbe a proprio agio nel parlare con il proprio responsabile/superiore della propria salute mentale.
Tutto ciò in uno scenario nel quale i lavoratori italiani segnalano una generale fiducia in relazione alla efficacia dei sistemi di sicurezza nei luoghi di lavoro, con percentuali di fiducia generalmente superiori alla media europea: alla affermazione “Sul mio luogo di lavoro sono state adottate misure positive per proteggere la salute dei lavoratori”, l’88% degli Italiani, contro l’82% degli europei, risponde positivamente.
Tornando al tema dello stress e delle variabili psicosociali, la situazione italiana post-pandemia risulta essere assolutamente simile a quella europea: circa il 45% degli intervistati dichiara “Il mio stress sul lavoro è aumentato come conseguenza della pandemia di COVID-19” (laddove però le aree educazione e sanità si staccano, con circa il 60% di soggetti che si dichiarano d’accordo con la affermazione).
Una nota positiva è quella della percezione di aumentata consapevolezza in merito ai temi degli stressors psicosociali nei contesti lavorativi: il 64% degli intervistati italiani (contro il 51% della media europea) si trova d’accordo con la affermazione “La pandemia di COVID-19 ha consentito di parlare con più facilità di stress e salute mentale sul luogo di lavoro”.
È aumentata quindi la consapevolezza: è forse ora di dare risposte alla richiesta di tutela. Per il bene, certo, delle persone esposte ai rischi, ma anche per il buon funzionamento dei luoghi di lavoro.
Francesco Pace, Presidente SIPLO