Al momento stai visualizzando Mercato del lavoro e psicologia del lavoro. Un commento sul rapporto CNEL

Mercato del lavoro e psicologia del lavoro. Un commento sul rapporto CNEL

A cura di Alberto Crescentini

Recentemente il Corriere della Sera ha ripreso i dati presentati dal CNEL (Rapporto demografia e forza lavoro). Le informazioni presenti nel rapporto sono molte e per una persona che si occupi di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni vale la pena di leggerlo, non tanto per le novità quanto piuttosto per la identificazione di alcune dimensioni che possono avere delle ricadute nella pratica professionale.

Il rapporto sin dalla sua introduzione indica una direzione di riflessione abbastanza precisa: siamo in una fase di recessione demografica e questo avrà un impatto sul potenziale della forza lavoro. Ne vengono poi tracciate caratteristiche e implicazioni nelle diverse aree del paese. L’evoluzione della piramide dell’età ha portato ad avere attualmente una fascia di popolazione in entrata nel mercato del lavoro limitata rispetto a quella in uscita allo stesso tempo vi sono delle fasce di potenziale aumento dell’occupazione, a questo proposito vengono riportate le informazioni rispetto ai giovani non impegnati nel lavoro e nello studio (i cosiddetti neet) e rispetto all’occupazione femminile. 

L’articolo del Corriere, riprendendo il rapporto, propone che il calo nella popolazione maschile possa essere compensato dall’aumento della occupazione femminile e di quella giovanile.

Nessuna di queste cose, per quanto problematiche, rappresenta in sé una grande novità, l’unica novità è rappresentata dall’importanza data ai processi migratori da fuori nazione che dovrebbero, nelle parole di Brunetta crescere maggiormente rispetto alle previsioni ISTAT ma “[…] rafforzando le misure di integrazione dei nuovi arrivati nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro […]”. 

Il tema della riduzione della platea di persone che possono accedere al mercato del lavoro è noto da anni. Ma quali sono le implicazioni per chi si occupa di psicologia nelle organizzazioni? 

Innanzitutto, vi è un cambio nel bilancio di quelli che possono essere chiamati rapporti di forza tra le parti. Vi sono progressivamente meno candidati per le posizioni lavorative e con maggiori possibilità di contrattazione delle condizioni rispetto alle organizzazioni. Un possibile effetto è che questi candidati trovandosi in una posizione di vantaggio valutino la relazione con l’organizzazione sulla base di una analisi maggiormente razionale. Questa considerazione è leggibile anche nelle evoluzioni presenti nelle rilevazioni del contratto psicologico (su questo si vedano i lavori di Denise Rousseau) che hanno rilevato la presenza di tipologie sempre più orientate alla valutazione delle transazioni tra le parti richiedendo una maggiore razionalità nelle proposte.

La ridotta possibilità di accesso al mercato del lavoro per sostituire il personale richiede una riflessione organizzativa rispetto ai criteri di selezione. Il business dell’organizzazione o le modalità di lavoro potrebbero cambiare ma, nella maggior parte dei casi, potrebbe essere interessante mantenere i collaboratori. Già negli anni ’90 Chambers et al. (1998)  rilevavano come la cosiddetta guerra per i talenti non fosse efficace per le organizzazioni soprattutto per la difficoltà nel capire come mai le persone arrivassero a lavorare per loro. Nel 2011 McDonnel  riportò come nonostante la maggiore consapevolezza non vi era stato un reale cambiamento nelle prassi organizzative e nelle modalità di lavoro all’interno delle organizzazioni. 

I criteri di ricerca e selezione potrebbero richiedere di prestare più attenzione nella direzione propria della psicologia andando a esplorare potenzialità e risorse dei potenziali collaboratori rispetto a una collaborazione di lungo periodo, quelle che sono le caratteristiche formabili sul lavoro potrebbero ridurre la loro centralità. Il cambio di equilibrio nella relazione lavoratore-organizzazione richiede anche una riflessione su come trattenere i collaboratori, in questa direzione si muovono quelle proposte che permettono ai collaboratori di mantenere e sviluppare un profilo interessante per il mercato del lavoro. La formazione interessante per i collaboratori è quindi rivolta al percorso personale nel mondo del lavoro e al lavorare sulle proprie necessità in questo senso. 

Ma quindi quali potrebbero essere gli indirizzi di sviluppo? Naturalmente non si può sapere cosa ci riserva il futuro ma alcune indicazioni generali probabilmente possiamo vederle. Andando nella direzione di una maggior personalizzazione dei rapporti lavoratore-organizzazione le dimensioni di cura e sviluppo della relazione potrebbero avere maggiore centralità soprattutto in relazione ai processi di convivenza e retention. La capacità di proporre percorsi formativi adeguati a sviluppare il potenziale dei singoli collaboratori nella direzione per loro più adeguata potrebbe diventare una risorsa per le organizzazioni. Lavorare sulla personalizzazione della relazione vorrà dire considerare con attenzione le caratteristiche dei collaboratori. Con il crescere dell’età dei dipendenti tutte le dimensioni collegate all’invecchiamento diventeranno sempre più importanti così come i processi di inserimento sul lavoro dei giovani e l’integrazione tra questi gruppi. Comprendere quali possono essere i vantaggi, e gli svantaggi, della presenza di differenze (ad esempio Bell, 2012 ) sul posto del lavoro sarà una delle dimensioni da considerare e mettere al centro delle diverse operazioni così come la manutenzione organizzativa che può essere oggetto di valutazione e intervento, un esempio di questo sarà l’attenzione a molestie e aggressioni e alla qualità del contesto lavorativo.

A livello generale giova ricordare come probabilmente gli psicologi e le psicologhe del lavoro, integrati in equipe multi professionali, siano le persone maggiormente titolate per promuovere delle iniziative efficaci e funzionanti per integrare nel mercato del lavoro e della formazione delle persone provenienti da contesti sfaccettati e per far si che anche queste persone diventino membri attivi della società nel suo insieme.


Riferimenti bibliografici

Bell, M. (2011). Diversity in Organizations, International Edition 2nd Edition. Cengage-Learning

Chambers, E.C.G., Foulon, M., Handfield-Jones, H., Hankin, S.M. and Michaels E.G. III. (1998) The war for talent – The McKinsey Quarterly, Nr. 3.

McDonnell, A. J. (2011) Journal of Business and Psychology. 26: 169. 

Credits della foto: https://www.pexels.com/it-it/foto/persone-lavorando-tecnologia-fabbrica-15016528/