Il Parlamento Europeo ha approvato, il 5 luglio 2022, una ferma risoluzione sul tema della tutela della salute mentale dei lavoratori a seguito della “spinta” verso il lavoro digitale dovuta alla pandemia da COVID-19 (il documento è reperibile nella sua forma integrale qui).
Il documento, nel sottolineare la estrema pressione sostenuta da alcune tipologie di lavoratori (in particolare i sanitari, ma più in generale tutti i cosiddetti lavoratori “necessari”, per i quali richiama la necessità di iniziative normative specifiche), fornisce una importante rappresentazione della necessità di intervenire nei diversi paesi membri per rendere le condizioni più omogenee nella attenzione alla tutela del benessere non soltanto fisico, ma anche psicologico e sociale dei lavoratori. Di fatto, le raccomandazioni del documento sottolineano l’importanza e l’utilità di interventi riconducibili alle competenze degli Psicologi del Lavoro e delle organizzazioni, e più in generale degli esperti nella gestione e lo sviluppo delle risorse umane.
Viene trattato ad esempio il nuovo ruolo del “telelavoro”, dove le ripercussioni certamente positive di poter alleggerire il tempo passato nei luoghi di lavoro non hanno controbilanciato quelle negative (iperconnessione, invasività del lavoro, tecnostress, ecc.); viene sottolineato il diritto alla disconnessione, ed il rischio che la tecnologia possa portare a una sorveglianza e a un monitoraggio sproporzionati e illegali dei lavoratori; viene infine richiamata la sostanziale differenza tra il telelavoro emergenziale e quello intelligentemente programmato (più vicino alla concezione di smart working), dove “approcci proattivi alla digitalizzazione, come il rafforzamento delle competenze digitali sul posto di lavoro o la concessione di orari di lavoro flessibili, possono contribuire ad alleviare lo stress legato al lavoro”.
Nel documento vengono richiamati a gran voce i rischi psicosociali, stabilendo che il benessere del lavoratore non può essere connesso esclusivamente ad aspetti tangibili come la presenza di carichi di lavoro eccessivi, precarietà contrattuale o presenza di molestie e violenza, ma che vadano tenute in adeguata considerazione anche aspetti meno evidenti come la presenza di richieste contrastanti, la mancanza di chiarezza sul ruolo assegnato e/o di coinvolgimento, la mancanza di supporto da parte dei superiori o dei colleghi, ecc.
Si sottolinea l’importanza della prevenzione, l’uso sistematico di strumenti di ascolto e di verifica delle condizioni di lavoro non soltanto attraverso gruppi di esperti ma di “indagini anonime presso i dipendenti, come questionari e altri esercizi di raccolta di dati”. Allo stesso tempo si denuncia una sperequazione tra i paesi membri nel trattare i casi di coloro i quali si trovano in uno stato di sofferenza a causa del lavoro (“troppe persone nell’UE non hanno accesso ai servizi pubblici di salute mentale e di medicina del lavoro”).
La commissione conclude con un invito ad “affrontare urgentemente il problema della salute mentale mediante politiche intersettoriali e integrate”, rammaricandosi del fatto “che la salute mentale non sia stata affrontata con la stessa priorità della salute fisica, sia stata privata dei fondi e non disponga di un numero sufficiente di personale qualificato in tutti gli Stati membri”.
Sebbene consapevole delle difficoltà poste da crisi economiche e geopolitiche, SIPLO manterrà un ruolo propositivo nei confronti di tutti gli organi di governo italiani e gli stakeholder nazionali per portare avanti la necessità di trattare in maniera integrata e competente il tema della salute e del benessere delle persone nei luoghi di lavoro.
Francesco Pace, Presidente SIPLO